23/12/09

Organizzazione e Personale:organizzazione del lavoro esecutivo e le variabili organizzative non strutturali


ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO ESECUTIVO

L'organizzazione del lavoro esecutivo fino a poco tempo fa si ispirava al modello Tayloristico. Questo è stato però abbandonato poichè presentava numerosi effetti negativi, sintetizzabili in:
  • Dequalificazione dei lavoratori;
  • Insoddisfazione psicologica;
  • Irrigidimento delle strutture aziendali ed impossibilità di sfruttare le potenzialità dei lavoratori.
A seguito di questi effetti, si è deciso di cambiare rotta, adottando nuovi criteri, come:

  • Rotazione dei compiti;
  • Allargamento dei compiti (aggregazione orizzontale di più mansioni date allo stesso lavoratore);
  • Arricchimento dei compiti (aggregazione verticale);
  • Formazione di gruppi autonomi di lavoro;


LE VARIABILI ORGANIZZATIVE NON STRUTTURALI

Esse si possono riassumere in: meccanismi operativi, stile di leadership, cultura aziendale.

I meccanismi operativi sono sistemi direzionali di pianificazione e controllo, di gestione del personale e di informazione, che rendono operativo il disegno strutturale di base, cioè i criteri di divisione e di coordinamento del lavoro.
Il sistema di pianificazione e controllo ha il compito di rendere noti gli obiettivi dell'azienda e dei singoli organi di essa, e di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi stessi.
Gli strumenti di gestione del personale rivolti all'acquisizione del personale e alla gestione e valutazione dello stesso sono:
  • Selezione del personale
  • Formazione ed addestramento;
  • Valutazione del personale;
  • Sistema premiante.

Il sistema informativo è tutti l'insieme di elementi per raccogliere, elaborare ed archiviare i dati. Oggi si utilizza un sistema informativo automatizzato, ovvero su computer (programmi).

Lo stile di leadership o di direzione (il comportamento dei capi verso si subordinati) può essere di vari tipi:
  • Stile autoritario: il capo prende sempre e da solo le decisioni di una certa rilevanza;
  • Stile paternalistico: come lo stile autoritario, ma il rapporto con il subordinato non è di distacco ma simile al rapporto padre-figlio;
  • Stile partecipativo o democratico: anche i subordinati partecipano alle decisioni;
  • Stile permissivo: il capo lascia una certa libertà di decisione ai subordinati (molto raro soprattutto nelle aziende profit oriented);
  • Stile burocratico: rapporto spersonalizzato fra capo e subordinati, con però alla base un profondo rispetto per i compiti e i ruoli.
La cultura aziendale è il sistema di valori e di idee che contraddistingue l'azienda.
Secondo H.Mintzberg, uno dei maggiori studiosi contemporanei di management, la cultura aziendale diventa una variabile dominante quando si crea un forte spirito di corpo, con profonda e diffusa consapevolezza di una sorta di missione da compiere , associata alla presenza di una leadership carismatica.


17/12/09

Organizzazione e Personale: modelli di struttura organizzativa. Struttura plurifunzionale, multidivisionale e a matrice

I principali modelli di struttura organizzativa sono:
  • La struttura plurifunzionale;
  • La struttura multidivisionale;
  • La struttura a matrice;

LA STRUTTURA PLURIFUNZIONALE

La struttura plurifunzionale presuppone una divisione del lavoro direttivo secondo il criterio della specializzazione funzionale (per funzione omogenea, ovvero marketing, produzione, finanza etc etc).
Essa può essere divisa in tre parti, in base ai compiti a loro affidati:
  • Direzione generale: amministrazione dell'azienda come sistema unitario;
  • Direzione dei dipartimenti funzionali: amministrazione dell'azienda nelle singole aree funzionali, suddivise (erroneamente) in organi di line (produzione, marketing) e staff (finanza, personale etc etc);
  • Unità operative: compiti prevalentemente esecutivi.
Il maggior pregio della struttura plurifunzionale è quello dell'efficienza, ossia quello di produrre minimizzando le risorse, soprattutto quelle umane. Adeguata per le strategie di sviluppo "mono-prodotto".
L'organigramma della struttura plurifunzionale è il seguente:


LA STRUTTURA MULTIDIVISIONALE

La struttura Multidivisionale è caratterizzata da un criterio di divisione del lavoro direttivo fondato sulla specializzazione per business, mercato e produzione.
Essa può essere divisa in vari livelli che svolgono funzioni diverse:
  • Direzione generale: formulazione strategie globali d'impresa;
  • Staff centrali: aiuto a Direzione e Divisioni;
  • Divisioni: gestione dell'unità come se fosse un'azienda propria;
  • Dipartimenti funzionali: vedi struttura plurifunzionale;
  • Unità operative: vedi struttura plurifunzionale;
Per far sì che questo tipo di struttura funzioni, deve essere lasciata sufficiente indipendenza ed autonomia decisionale delle divisioni nei confronti delle stesse altre divisioni e della dirigenza, e il reddito generale dell'impresa deve essere positivo, quindi le diverse divisioni devono coprire gli eventuali buchi lasciati dalle stesse.
Il maggior pregio della struttura multidivisionale è l'efficacia del coordinamento, che però danneggia l'efficacia (a differenza della struttura plurifunzionale).
E' una struttura perfetta per l'impresa diversificata in prodotti e mercati.

Organigramma struttura multidivisionale


STRUTTURA A MATRICE

La struttura a matrice si basa sulla presenza simultanea di due criteri di divisione orizzontale del lavoro, ovvero per funzione e per progetto.
Questa struttura è tipicamente utilizzata da quelle imprese che hanno una produzione specifica, su commessa del cliente, progetti complessi e problemi unici ed irripetibili (costruzioni navali, aerospaziali etc etc).
Sono necessari coordinamento nella realizzazione del progetto ed efficienza nella concentrazione di risorse nel medesimo dipartimento funzionale.
Esistono due tipi di manager, ovvero i responsabili di progetto o project manager e i responsabili funzionali.


L'organigramma della struttura a matrice è il seguente:


15/12/09

Organizzazione e Personale: la struttura organizzativa

Nella struttura organizzativa vengono considerati come aspetti gli organi in cui è suddiviso il lavoro, le loro funzioni e le relazioni fra loro.
La struttura si può ritrovare suddivisa in gruppi formali (di cui dirò dopo) e informali, ovvero in quei gruppi in cui non è presente una struttura formalizzata e di conseguenza lenta, ma una molto più flessibile e veloce nell'adattarsi ai cambiamenti dell'ambiente.

Per quanto riguarda la struttura organizzativi formale essa può essere analizzata nel seguente modo:
  • Gli organi vengono suddivisi in organi di line e di staff: i line sono riferiti più agli organi operativi di direzione ed esecuzione (area della produzione e area commerciale), gli staff invece agli organi che presentano consulenza ed assistenza alla line (finanza, amministrazione etc etc);
  • I criteri di divisione del lavoro tra i vari organi posso essere riassunti nel criterio della divisione orizzontale, ossia di suddivisione dei compiti tra unità poste allo stesso livello organizzativo (e da questo si vanno ad originare degli organi specializzati), e nel criterio della divisione verticale, ossia di suddivisione dei compiti tra livelli superiori e livelli subordinati della gerarchia; qui le organizzazioni si suddividono in accentrate (decisioni prese della direzione) e decentrate (uso della delega, ovvero è presente una diffusione dei poteri decisionali anche ai livelli inferiori);
  • Il principale mezzo di raffigurazione della struttura è l'organigramma. (vedi immagine sotto)



esempio di organigramma

03/12/09

Borse, mercati emergenti e bond Dove «scovare» un po' di rendimento (articolo di di Vittorio Carlini, Il sole 24 ore)

Voglio segnalare questo bellissimo articolo de "IlSole24Ore" riguardanti borse, mercati emergenti e bond. Vi avviso che non è per tutti, bisogna avere una solida base economica-finanziaria per capire di cosa si sta parlando. Buona lettura.

Meglio il dividendo dei corporate bond. E sull'obbligazionario il focus è sugli emerging country. Considerazioni e strategie di: Ubs, Cassa Lombarda, Sella gestioni, Banca Akros, Banca Patrimoni e Pigoli Consulenza

«Prestami i soldi per il caffé, te li restituisco con gli interessi». Una battuta, spesso mandata a memoria nell'ora di pausa, in cui chi intasca l'obolo, a meno di non essere "scrocconi" incalliti, riconosce a chi dà il denaro qualche forma di remunerazione. Un rimborso, ma in base a cosa? La risposta è duplice: dal lato di chi incassa, si "paga" per fare fare ciò che, senza soldi, non si potrebbe; dal lato di chi presta, si riceve il compenso per essersi privati dell'uso immediato delle moneta. Così, il credito porta insieme con sé gli interessi.

Già, gli interessi: un valore assoluto, o in percentuale, che però rispetto all'investimento ha scarso significato. Quando si compra, per esempio un'obbligazione, sapere quanto vale l'eventuale cedola in sé dice poco. Molto più importante è capire, in rapporto al denaro investito (al prezzo pagato per il bond), quanto frutta l'investimento stesso. È fondamentale, cioè, passare al concetto di rendimento o, come dicono gli inglesi, dello yield. Ebbene il rendimento è il reddito prodotto da un investimento espresso in percentuale del capitale investito. Per esempio, il rendimento immediato di un'obbligazione con cedola al 6% e prezzo di mercato di 9 euro è 6,66 per cento. Cioè: 0,6/9 x 100 = 6,66 per cento. Il rendimento, insomma: lordo o netto; nominale o effettivo. Purché sia rendimento, ovviamente il più alto possibile.

In questo periodo, con i tassi ufficiali negli Stati Uniti compresi tra lo 0 e lo 0,25% e quelli in Europa fermi all'1%, cui si aggiunge l' incertezza sull'attuale bear market rally delle Borse, è normale che si vada in caccia del rendimento. Il Sole24Ore.com, senza alcuna pretesa di completezza, ha interpellato alcuni esperti che hanno fornito le loro strategie. Con un'avvertenza: più si cerca l'alto rendimento, più aumenta il rischio da sopportare. Per avere yield interessanti, giocoforza, bisogna rischiare di più el'investitore/risparmiatore deve fare molta attenzione.

Torna di moda la cedola
Nel 2009 molte società hanno rinunciato, o ridotto, il dividendo. Piazza Affari, che sempre nel passato è stata la «Regina di cedole» del vecchio Continente, secondo il terminale Bloomberg offre un rendimento del 3,33% (lordo), a fronte del 3,88% che vanta il Dj Stoxx 50, il 3,65% delCac40 il 3,61% del Dax 30 di Francoforte. Insomma, la Borsa milanese ha perso (almeno a dare retta ai numeri di Bloomberg) il suo primato e solo rispetto l'S&P500 rimane in vantaggio. Il magic moment, è quindi, passato? Non proprio. In generale, «i titoli con un buono, e sostenibile, dividend yield sono un asset interessante», scrive in un recente report Ubs. «In Europa - sottolineano gli esperti della banca d'affari - il rendimento delle cedole (sia attuali sia future) si avvicina a quello dello yield del Bund tedesco a 10 anni». Ebbene, è il ragionamento di Ubs, «se i dividendi "reggono", ciò vuol dire che c'è del valore per le azioni legate alle cedole. Queste, infatti, aumentano con gli utili» e il momento peggiore per gli earnings sembra ormai alle spalle. Insomma, se il trend dei profitti è impostato alla crescita - è il pensiero di Ubs - allora anche le cedole dovrebbero migliorare. «Il dividend momentum, così come l'earning momentum, è cambiato: le scelte di alzare le cedole - dice Ubs - sono più numerose dei loro tagli. Un evento che non accadeva dal maggio 2008». Di più: «I tassi d'interesse rimarranno bassi in Europa ancora per un certo tempo, e questo permetterà una buona performance del dividend yield». Secondo l'Unione banche svizzere: «La Bce non potrà alzare il costo del denato a breve per tre ragioni: la prima è il sostegno al settore finanziario; poi, c'è la cautela sul fronte dell'exit strategy e, infine, il timore che l'euro che salga ancora più su». Insomma, l'idea di cercare rendimento sui titoli che staccano la cedola non è, secondo Ubs, malvagia. Tanto che gli analisti sottolineano come diverse società in Europa avranno un buon rendimento: per Telefonica, per esempio, Ubs stima un yield lordo nel 2010 del 7,3% (il P/e è 10,4) mentre quello di Swisscomm sarà del 7,1% (P/e di 10,3 - ma in questo caso bisogna tenere conto del tasso di cambio Euro-Franco svizzero).

Un'impostazione condivisa da Marco Vailati, direttore investimenti di Cassa Lombarda: «Per un investimento nel medio-lungo periodo, anche con una bassa propensione al rischio, le utility offrono spunti interessanti. Hanno business regolamentati, alta visibilità sui flussi di cassa futuri e, compatibilmente alla fase degli investimenti in cui si trovano, hanno una propensione elevata a distribuire gli utili. Si tratta di titoli, quali per esempio: Snam Rete Gas (con un rendimento annualizzato lordo poco sopra il 5%, ndr) o Terna». Quest'ultima prevede «una politica - come scrive la stessa società - di crescita annua del dividendo del 4%, assumendo il 2008 come anno di riferimento». «In novembre - sottolinea Vailati - il gruppo ha staccato un acconto sulla cedola 2009 di 7 centesimi. Quello che verrà pagato agli azionisti nel 2010 sono i rimanenti 12 centesimi, sui complessivi 0,19 euro di dividendo. Il rendimento annuale lordo complessivo è del 6,7%. Quello post-stacco dell'acconto è il 4,22% lordo». Certo superiore a quello dei titoli di stato.

Il mondo degli emergenti...
Ma non è solo il dividendo. Sul mercato obbligazionario Nicola Trivelli, direttore investimenti di Sella Gestioni, suggerisce di dare uno sguardo ai paesi emergenti. «Una premessa è d'obbligo - sottolinea l'esperto - Si tratta di mercati da affrontare attraverso un fondo obbligazionario o un Etf.L'approccio dev'essere sempre quello della diversificazione nell'investimento per ridurre il più possibile il rischio». «Sono paesi interessanti - fa da eco Marco Baraldi, responsabile gestioni patrimoniali di Banca Akros - cui, però, il risparmiatore retail deve sempre avvicinarsi con attenzione e senza dimenticare l'eventuale prodotto finanziario nel cassetto». Al di là della giusta prudenza, quale è il motivo d'interesse per economie cosiddette non mature? «Sono paesi - risponde Trivelli - che stanno attraversando meglio di altri l'attuale crisi: in particolare, in questi ultimi periodi, abbiamo assistito a un generale miglioramento del merito di credito sul debito sovrano». Giudizi, peraltro, che sono emessi delle agenzie di rating: molti, come sembra nuovamente dimostrare il caso di Dubai, dubitano della loro concreta rilevanza... «Il ruolo delle agenzie resta fondamentale - specificaMarco Pelissero, responsabile gestione obbligazionaria di Banca Patrimoni -. Anche se non si può negare che hanno assunto un peso minore nelle analisi: il mercato, spesso, è più tempestivo nel valutare le situazioni». «E poi - aggiunge Baraldi - sul soverign debt c'è maggiore attenzione: rimangono una bussola utile». Ciò detto, «con l'esclusione degli stati dell'Est Europa e della Russia, che se la passano piuttosto male - spiega Trivelli- , sono la Cina, la stessa India ma soprattutto l'America Latina a offrire spunti interessanti». Vale a dire? «Penso, ad esempio, alBrasile che vanta un surplus commerciale e ha un tasso d'inflazione, seppur elevato per i nostri standard, non preoccupante: attorno al 4 per cento. Ebbene, il reddito fisso governativo offre discreti rendimenti. Per sempio, il bond in euro, scadenza 3/02/2015 (rating, di S&P, di BBB-, ndr), ha una cedola fissa di 5,875 che, alle quotazioni attuali, offre un yield lordo del 3,873 per cento». Insomma, su una duration media viene remunerato il rischio paese che, però, «non è così elevato».

...e il portafoglio obbligazionario ?
Rimanendo sull'obbligazionario Sergio Pigoli, presidente di Pigoli consulenza, sottolinea un aspetto sui corporate bond. «Il Markit iTraxx Europe, che è un indicatore generale del rischiosulle emissioni societarie, attualmente quota attorno a 84 punti. Cioè, in generale, nel Vecchio Continente viene prezzato un premio delle obbligazioni aziendali sui titoli di stato di 84 punti base». Prima del grande crack, quando ilcredit crunch era una parola sconosciuta e nessuno immaginava il possibile collasso del sistema, «l'indice viaggiava sui 30 punti. Nel momento di peggiore difficoltà, a marzo 2009, l'iTraxx Europe è balzato a quota 200 per poi ridiscendere sui livelli di oggi». Ebbene? «Bisogna ricordare - dice Pigoli - che non siamo ancora usciti dalla crisi; gli utili aziendali sono conseguenza più della riduzione dei costi che della crescita del business; l'andamento delle economie, soprattutto nel terzo trimestre, è stato drogato dagli aiuti statali e la domanda resta debole. Un premio al rischio così basso su i corporate bond, quindi, non è giustificato è bisogna fare attenzione».

Cosa vuol dire questo per le emissioni corporate ? Risponde Baraldi: «Tra la fine del 2008 e tutto il 2009 abbiamo assistito all'esplosione di emissioni aziendali. Le società, sfruttando i tassi bassi, hanno raccolto denaro evitando di passare per l'intermediazione bancaria. Per gli investitori è stato un momento favorevole: c'erano buoni rendimenti su titoli anche con merito di credito elevato». E adesso? «Adesso il timing non è più quello giusto. Gli spread con i governativi sono scesi. Le emissioni investment grade di società industriali, di cui si possa monitorare la capacità a tenere i conti sotto controllo, non sono più così interessanti. Solo chi ha già in portafoglio questi prodotti deve continuare a tenerli».

I contenuti dell'articolo non costituiscono sollecitazione all'investimento o del risparmio

3 DICEMBRE 2009


Vi consiglio di andare sul sito del Sole e salvare questo articolo, sia che siate investitori, studenti o semplici appassionati di questo mondo. Veramente un grande articolo dal mio punto di vista. Non capita spesso di sentire esperti così parlare tutti nello stesso articolo di argomenti importanti.



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