29/06/10

Il consumo non spinge l'economia

Voglio segnalarvi questo articolo che reputo molto molto interessante e didattico sotto molti punti di vista.

IL CONSUMO NON SPINGE L'ECONOMIA

Il consumo spinge l'economia,” nel rosario keynesiano recitato quotidianamente dai media di regime, è una delle frasi-chiave più ripetute, tanto che un calo nei consumi è subito interpretato come foriero delle peggiori catastrofi, da contrastare immediatamente con consistenti iniezioni di denaro nel mercato.

Mark Skousen, autore del libro The Making of Modern Economics recentemente premiato come miglior testo accademico del 2009, svela in breve la fallacia insita in questo sillogismo.
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Di Mark Skousen


“La spesa di consumo rappresenta più del 70 per cento dell'economia e solitamente spinge la crescita in una ripresa economica.”

“I consumatori spingono l'economia,” New York Times, 1° maggio 2010

Ogni trimestre, quando il governo pubblica i suoi ultimi dati sul P.I.L., sentiamo il solito ritornello:

“Quello che fa il consumatore è vitale per la crescita economica.”

“Se il consumatore comincia a risparmiare e smette di spendere, abbiamo un grosso problema.”

“La spesa di consumo rappresenta il 70 per cento dell'economia.”

Quest'ultimo “fatto” viene ripetuto regolarmente nelle news dalla Associated Press, dal Wall Street Journal e dal New York Times.

La verità è che la spesa di consumo non rappresenta il 70 per cento dell'attività economica e non è il sostegno dell'economia degli Stati Uniti. Ad esserlo sono gli investimenti! La spesa commerciale su beni capitali, la nuova tecnologia, l'attività imprenditoriale e la produttività sono più significativi della spesa di consumo nel sostenere l'economia ed un più alto tenore di vita. Nel ciclo economico, la produzione e l'investimento conducono l'economia dentro e fuori dalle recessioni; la domanda al dettaglio è la componente più stabile dell'attività economica.

Garantito, la spesa di consumo personale rappresenta il 70 per cento del prodotto interno lordo, ma i giornalisti dovrebbero sapere dalla prima lezione di economia che il P.I.L. misura soltanto il valore della produzione finale. Omette deliberatamente un bel pezzo di economia – la produzione intermedia e i beni parziali nelle varie fasi di produzione – per evitare il doppio computo. Ho calcolato che la spesa totale (vendite o ricevute) in tutte le fasi dell'economia è più del doppio del P.I.L. (usando le ricevute commerciali lorde compilate annualmente dall'IRS). Con questa misura – che ho definito spesa interna lorda, o SIL – il consumo rappresenta soltanto il 30 per cento circa dell'economia, mentre l'investimento aziendale (produzione intermedia compresa) rappresenta oltre il 50 per cento.

Quindi la verità è proprio il contrario: la spesa di consumo è l'effetto, non la causa, di una sana economia produttiva.


L'importanza della legge di Say

Nel mercato prevale questa verità: è l'offerta – non la domanda – a spingere l'economia. Il risparmio, la produzione ed i progressi tecnologici sono le chiavi della crescita economica. Questo principio è stato scoperto e sviluppato dal brillante economista francese Jean-Baptiste Say nel primo diciannovesimo secolo ed è conosciuto come legge di Say. In effetti, egli inventò la parola “imprenditore” per descrivere il principale catalizzatore della performance economica.

La vendita al dettaglio è un indicatore economico guida? Ogni mese il Conference Board rilascia i suoi Indici Economici Guida per gli Stati Uniti ed altri nove paesi. I dieci indici guida degli Stati Uniti sono:
nuovi ordini dei fornitori
permessi di costruzione
dati sulla disoccupazione
ore settimanali medie di produzione
massa monetaria reale
prezzi delle azioni
la curva di rendimento
nuovi ordini per i beni di investimento al netto degli ordini riguardanti il comparto della difesa
prestazione dei venditori
indice delle aspettative dei consumatori
Come potete vedere, quasi tutti gli indici sono legati agli stadi iniziali della produzione e dell'attività economica.

L'ingannevole indice della fiducia dei consumatori

Che dire dell'indice della fiducia dei consumatori che i media evidenziano ogni mese? La verità è che il titolo è ingannevole. Le domande poste ai consumatori riguardano più le condizioni del mercato che l'attitudine verso la spesa. Queste sono le domande poste ai consumatori per determinare le loro “aspettative”:
Le attuali condizioni del mercato sono buone, cattive, o normali?
Vi aspettate che le condizioni del mercato saranno buone, cattive, o normali nei prossimi sei mesi?
Attualmente i posti di lavoro sono abbondanti, non così abbondanti, o difficili da ottenere?
Prevedete che i posti di lavori saranno più abbondanti, non così abbondanti, o difficili da ottenere nei prossimi sei mesi?
Progettate di comprare un'auto/casa/elettrodomestico nuovo/usato [nota: questi sono tutti beni di consumo durevoli, non diversi dai beni capitali durevoli] entro i prossimi sei mesi?
Statee progettando una vacanza negli Stati Uniti o all'estero entro i prossimi sei mesi?
In altre parole il molto pubblicizzato indice della fiducia dei “consumatori” è più una previsione dei consumatori sul mercato, l'occupazione ed i beni durevoli che sulla “vendita al dettaglio” e sulla spesa di consumo. Non fa alcuna domanda su cibo, vestiti, intrattenimento ed altri acquisti di breve termine, perché queste spese raramente cambiano da un mese all'altro.

La realtà è che il vero indicatore di tendenza dell'economia e del mercato azionario è la spesa d'investimento e commerciale. Se volete sapere dov'è diretto il mercato azionario, dimenticatevi i grafici della vendita al dettaglio e della spesa di consumo. Osservate la fabbricazione, la spesa per gli investimenti, i profitti corporativi ed i profitti da produzione.

Guardatevi dalla legge di Keynes

Il motivo per cui sentiamo così tanto parlare dei consumatori è perché i media e i commentatori politici vivono ancora sotto l'incantesimo dell'economia keynesiana, che insegna che la domanda crea l'offerta. La legge di Keynes è esattamente l'opposto della legge di Say (l'offerta crea la domanda). Secondo i keynesiani, la spesa di consumo guida l'economia ed il risparmio è un male quando l'economia è in una contrazione di breve termine.

In realtà, l'aumento di risparmio può effettivamente stimolare l'economia, anche se la spesa di consumo è anemica. Un recente studio della Fed di St. Louis ha concluso che a breve scadenza, “un più alto tasso di risparmio nel quarto corrente è associato con una crescita economica più veloce (non più lenta) nei quarti correnti e prossimi” (Daniel L. Thornton, Personal Saving and Economic Growth,” Economic Synopses, St. Louis Fed, 17 dicembre 2009).

Come è possibile questo? Quando la gente risparmia di più, i tassi di interesse scendono e le aziende possono permettersi di sostituire i loro vecchi macchinari con nuovi strumenti, spendere di più su ricerca e sviluppo, o sviluppare nuovi processi produttivi. Così anche se la spesa di consumo può rimanere bassa, la spesa commerciale può compensare quel rallentamento. Ricordate, in un'economia dinamica la decisione delle aziende di spendere più fondi d'investimento ed impiegare più lavoratori è una funzione sia della domanda dei consumatori presente che di quella futura. E non dimenticate che, durante una recessione, i profitti corporativi recuperano spesso per primi, senza un aumento nella domanda dei clienti, perché le aziende possono amplificare i profitti riducendo i costi e le dimensioni.

A lungo termine nuove strategie aziendali e modelli di spesa aumentano la produttività ed abbassano i prezzi al consumo, il che significa che il potere d'acquisto del consumatore aumenta. Come conclude la Fed di St. Louis, “un più alto tasso di risparmio significa meno consumo [a breve scadenza], ma potrebbe anche provocare un maggiore investimento di capitali e, infine, un più alto ritmo di espansione dell'economia…. il tasso di crescita del P.I.L. reale è stato mediamente più alto quando il tasso di risparmio personale è aumentato rispetto a quando è sceso.”

Ve lo garantisco, la funzione definitiva dell'attività economica e imprenditoriale è di soddisfare i bisogni dei consumatori e le aziende di maggior successo sono quelle che soddisfanno i loro clienti. Ma la cosa più importante è: chi scopre i nuovi e migliori prodotti che i consumatori desiderano? Chi è il catalizzatore che determina la quantità, la qualità e la varietà di beni e di servizi? È stato il consumatore ad avere l'idea del personal computer, del SUV, del fax, del telefono cellulare, di Internet e dell'iPhone? No, queste realizzazioni tecniche sono venute dal genio di imprenditori creativi e dei risparmiatori/capitalisti che hanno finanziato le loro invenzioni.

20/06/10

Piccola Pausa

Piccola pausa causa esami e per un altro progetto che ho in mente nei prossimo giorni.
Il sito tornerà a riaggiornarsi a partire da martedì/mercoledì: finirò il sistema sanitario, metterò un piccolo articolo sul TFR, concluderò la parte di calcolo finanziario e metterò la parte di Politica Economica.

Restate sintonizzati!

15/06/10

Il sistema sanitario: le cause del fallimento del mercato assicurativo

Per poter far funzionare in modo corretto il mercato assicurativo bisogna che valgano tre condizioni: rischi individuali indipendenti, popolazione omogenea ed informazione simmetrica. Nel caso in cui queste condizioni non siano realizzate, il mercato assicurativo non funziona correttamente e si hanno i così detti "Fallimenti di mercato". In questo caso è d'obbligo l'intervento pubblico.

RISCHI INDIVIDUALI NON INDIPENDENTI

Nel caso in cui i rischi individuali non siano indipendenti, ma correlati (epidemie ad esempio), la variabilità del reddito della collettività rispetto al caso di assenza di assicurazione non si riduce e di conseguenza le imprese assicuratrici neutrali al rischio, che nel lungo periodo sono sempre in grado di offrire copertura completa dietro il pagamento di premi attuarialmente equi conseguendo profitti attesi nulli, nel breve periodo potrebbero incorrere in perdite tali da farle uscire dal mercato, in quanto le spese supererebbero i ricavi a causa della molteplicità di gente che si ammala contemporaneamente o quasi.

POPOLAZIONE NON OMOGENEA

Fino ad ora si è considerato che la probabilità di ammalarsi per tutta la popolazione fosse pari a π. In realtà il valore π varia all'interno di essa, infatti sarà più alta per gli anziani e gli ammalati cronici (vicino al valore 1, ovvero 100%) e più bassa per i giovani.
Nel caso di premi attuarialmente equi (p = π), il premio complessivo che anziani e malati cronici si troverebbero a pagare (pq) sarebbe prossimo al risarcimento q e quindi potrebbe essere insostenibile finanziariamente, determinando un pericolo di non pagamento all'azienda assicuratrice di una certa parte della popolazione.
Per queste categorie con π vicina all'unità, è necessario l'intervento pubblico.


INFORMAZIONE ASIMMETRICA

Essa si può verificare in due condizioni:
  • Selezione avversa: comporta l'inaffidabilità degli individui a basso rischio e l'incapacità di pagamento degli individui ad alto rischio
  • Azzardo morale
Per maggiori informazioni leggete questo post.

Per quanto riguarda la selezione avversa, la società assicurativa non sa se gli individui siano ad alto rischio di malattia oppure a basso, e quindi deciderà di stipulare un'assicurazione media. Questa però non sarà conveniente per gli individui a basso rischio, che usciranno dal mercato, di conseguenza le imprese saranno costrette ad aumentare di nuovo il premio fino a che resteranno solamente gli individui ad alto rischio, che però non saranno in grado di pagare premi così elevati.
Rothschild e Stiglitz nel 1976 propongono una soluzione al problema della selezione avversa, dimostrando che:
  • Non è possibile offrire a tutta la popolazione un contratto unico (pooling)
  • E' possibile arrivare ad una soluzione di equilibrio in cui gli individui si autoselezionano in base al tipo di contratto scelto (a copertura parziale e premio basso oppure a copertura totale e premio alto) se la percentuale degli individui a basso rischio è bassa (questo però comporta un equilibrio non ottimale, perché i bassi rischi godranno di una copertura solo parziale)
  • Se invece la percentuale degli individui a basso rischio è alta, non è possibile arrivare ad un equilibrio
Per quanto riguarda invece l'azzardo morale, in campo sanitario (sia pubblico che privato) esso implica una scarsa prevenzione e una sovraespansione della domanda. Gli assicurati non percepiscono il costo delle prestazioni che stanno richiedendo (specie nel caso di copertura completa) e possono chiedere più del necessario.
Per far fronte a ciò, occorre introdurre delle forme di compartecipazione (che deve essere limitata) al costo delle cure del tipo:
  • Introduzione di una coassicurazione : q = (1-h) d, dove h è la percentuale del danno a carico dell'assicurato.
  • Introduzione di un deducibile: q = d -f, dove f è l'importo a carico dell'assicurato (es. ticket)

A causa di questi problemi vi è la necessità dell'intervento pubblico dello Stato, sotto forma di:
  • Integrazione al mercato assicurativo offrendo copertura a coloro che vengono "scartati" dalle assicurazioni (troppo rischiosi: anziani, malati cronici) o che non sono in grado di pagare i premi (poveri)
  • Sostituzione al sistema di assicurazioni private istituendo un sistema sanitario pubblico con le caratteristiche prima evidenziate


14/06/10

Il sistema sanitario: il concetto di mercato assicurativo

Nel mercato sanitario, lo Stato può anche solo (come già detto)o sovrintendere all'attività dei mercati assicurativi o intervenire integrando i loro servizi quando sono considerati insufficienti.
E' necessario avere un'assicurazione sanitaria (sia essa pubblica o privata) principalmente per due motivi:
  • l'aleatorietà del bene salute
  • l'avversione al rischio delle persone: con "avverso al rischio" si intende un individuo che, possedendo un certo reddito certo, non vuole rischiare un guadagno superiore (investendo il reddito o una parte di esso) se questo comporta la possibilità di perdere il reddito certo (o una parte di esso) che già possiede.
Nel mercato sanitario, se un individuo non ha informazioni del suo stato di salute ed è avverso al rischio, deciderà di rinunciare ad una parte di reddito oggi per assicurarsi un reddito certo in futuro.

Per illustrare meglio il concetto di mercato assicurativo e di assicurazione sanitaria, si ipotizzi che:

w: potenzialità di reddito di un individuo
d: danno subito (riduzione del reddito per un evento negativo, es: malattia)
π: probabilità che accada l'evento negativo
1-π:probabilità che non accada l'evento negativo
W1 : reddito se non si realizza l'evento negativo (sto bene)
W2 : reddito se si realizza l'evento negativo (mi ammalo)

Si distinguono due casi:

  1. L'individuo non ha l'assicurazione: W1 = w con prob. (1- π) se non si ammala; W2 = w -d con prob. π se si ammala
  2. L'individuo ha l'assicurazione W1 = w - pq con prob. (1- π) se non si ammala; W2 = w - pq - d + q con prob. π se si ammala
Con:
q: risarcimento
p: premio per unità di materia assicurata (premio unitario)
pq : premio complessivo (da pagare)



Nel caso dell'individuo assicurato, si ha che:
  • Se q = d l'assicurazione si dice completa
  • Se d > q assicurazione si dice parziale
  • Se p = π il premio si dice attuarialmente equo
E' dimostrato che se ad un individuo viene proposta un'assicurazione dietro il pagamento di un premio attuarialmente equo, l'individuo sceglierà una copertura completa, ovvero se p = π, si ha che d = q.
Se p > π, l'individuo sceglierebbe una copertura parziale.



PERCHE' LE IMPRESE DOVREBBERO ASSICURARE CON PREMI ATTUARIALMENTE EQUI

Il profitto atteso dell'impresa assicuratrice con n assicurati identici (ipotesi più semplice) si calcola nel seguente modo:

Ricavo: n x p x q
Costo: n x π x q
Profitto atteso E(P) : Ricavi - Costi = n x p x q - n x π x q

Nel caso in cui valessero gli assiomi della concorrenza perfetta, con p = π il profitto atteso E(P) = 0.

I mercati assicurativi, in conclusione, risultano funzionare correttamente quando, in presenza di individui avversi al rischio, esistono delle imprese disposte a ridurre l'incertezza relativa alle loro possibilità di reddito in presenza di un evento negativo (malattia) dietro il pagamento di un premio assicurativo.



13/06/10

Il sistema sanitario: introduzione

Il sistema sanitario fa parte di un mercato particolare diverso da tutti gli altri, infatti qui si ha una limitata informazione e un diritto alla salute indipendente dal reddito che lo rendono peculiare rispetto agli altri mercati, di conseguenza non valgono gli assiomi del mercato concorrenziale.

Il sistema sanitario si suddivide in due grandi categorie: il "Modello Privatistico", fondato su un meccanismo assicurativo e il "Modello Pubblico", in cui vi è una partecipazione obbligatoria, un finanziamento attraverso imposte o contributi sociali (fiscalità generale), una copertura universale e delle prestazioni offerte da strutture pubbliche.


INTERVENTO DELLO STATO

Le modalità con cui lo Stato può intervenire nell'ambito sanitario sono molteplici:
  • Integra il meccanismo assicurativo privato
  • Sovrintende al funzionamento del mercato assicurativo
  • Interviene direttamente nel processo produttivo, permettendo però la concorrenza pubblico/privato
  • Coinvolgere tutta la popolazione nell’uso di strutture di cura pubbliche
  • Regolare l’accesso alla prestazione

Lo Stato interviene nella sanità in quanto vi è una forte presenza di asimmetrie informative che, come sosteneva Akerlof nel 1970) è la conseguenza principale del non corretto funzionamento del mercato.
Essa si manifesta poichè l'utente non è a conoscenza della qualità delle prestazioni in presenza di impossibilità di reiterazione dell'acquisto e gli stessi operatori sanitari (oltre che ai pazienti) non sono a conoscenza della qualità dei prodotti farmaceutici.
Lo Stato regolatore può quindi intervenire regolando l'accesso alla prestazione medica e con l'istituzione di divieti di concorrenza basata su prezzi e pubblicità e regolando la messa sul mercato dei farmaci da utilizzare.

09/06/10

Il sistema pensionistico: il sistema pensionistico in Italia: fase pre Amato, fase Amato, fase Dini, Legge attuale

Per spiegare il sistema pensionistico (in breve e in sintesi ovviamente) italiano, si possono individuare 4 fasi fondamentali: pre 1992 (fase pre-Amato), 1992 (fase Amato), 1995 (fase Dini), 2007 (fase attuale).

FASE PRE-AMATO

Il sistema pensionistico Pre-Amato (pre 1992) era un sistema a ripartizione retributivo, quindi:

  • P = βRPL con β = 2% = coefficiente di rendimento, RP = retribuzione personale e L = vita lavorativa
  • La P massima consentita era pari all'80% della retribuzione personale
Le sue caratteristiche principali erano:
  • La retribuzione pensionabile veniva calcolata in base alla media delle retribuzioni degli ultimi 5 anni rivalutati al tasso di inflazione
  • La pensione di anzianità era di 35 anni di contributi
  • La pensione di vecchiaia era per gli uomini a 60 anni, per le donne a 55 (con un minimo di 15 anni di contributi)
  • L'indicizzazione era basata sull'inflazione e sul tasso di crescita reale delle retribuzioni
  • Il tasso di sostituzione era simile alla parità di anzianità contributiva
  • Rendimento interno: funzione (positiva) di E(L) (speranza di vita all'età di pensionamento, che era maggiore quanto prima si andava in pensione)



FASE AMATO

Il sistema pensionistico di Amato (in vigore dal 1992) era, come il precedente, un sistema a ripartizione retributivo, quindi:

  • P = βRPL con β = 2% = coefficiente di rendimento, RP = retribuzione personale e L = vita lavorativa
  • La P massima consentita era pari all'80% della retribuzione personale
Vi sono però delle differenze rispetto al precedente sistema:

  • La retribuzione pensionabile veniva calcolata in base alla media delle retribuzioni dell'intera vita lavorativa. Gli anni erano rivalutati al tasso di inflazione aumentato di 1 punto % per ogni anno di contributi
  • La pensione di anzianità era di 35 anni di contributi
  • La pensione di vecchiaia era per gli uomini a 65 anni, per le donne a 60 (con un minimo di 20 anni di contributi)
  • L'indicizzazione era basata solo sull'inflazione
  • Il tasso di sostituzione era decrescente al tasso di crescita medio della retribuzione, con il risultato di penalizzare le carriere più dinamiche)
    contributiva
  • Rendimento interno: a causa della minore indicizzazione delle pensioni era generalmente più bassi che con pre-Amato
Le modifiche avevano come obiettivo quello di controllare la spesa destinata alle pensioni.

FASE DINI

Il sistema pensionistico di Dini (in vigore dal 1995) era, a differenza dei precedenti, un sistema a ripartizione contributivo, quindi:
  • P = MC/coeff. di trasformazione
  • MC = Σ33%RJ(1+r)(L-j)
con r = media mobile quinquennale del tasso di variazione del PIL nominale, e il coefficiente di trasformazione come funzione positiva di E(L).

Il sistema presentava le seguenti caratteristiche:

  • La pensione di anzianità era abolita
  • La pensione di vecchiaia era flessibile dai 57 ai 65 anni
  • L'indicizzazione era basata solo sull'inflazione
  • Il tasso di sostituzione era in funzione dell’età di cessazione dell’attività lavorativa: dipende quindi da E(L)
  • Rendimento interno: uguale per ogni età di pensionamento e per ogni tipo di carriera. (equità attuariale)
L'obiettivo era il controllo della spesa pensionistica spostando il rischio demografico verso chi andava in pensione.

LEGGE 247/2007

Questa è la legge in vigore attualmente, che però sarà sicuramente cambiata nel giro di poco tempo a causa della crisi che impone manovre di riparazione anche al sistema pensionistico. La potete trovare completa a questo indirizzo. Le sue caratteristiche principali sono:
  • L'eliminazione del cd. “scalone” introdotto con la cd. Legge Maroni (aumento dell’età pensionabile a partire dal 2008 da 57 a 60 anni – da 58 a 61 anni per i lavoratori autonomi).
  • Indipendentemente dall’età anagrafica è possibile andare in pensione in presenza di un’anzianità contributiva pari a 40 anni
  • Per coloro che sono sottoposti al regime contributivo (chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1° gennaio 2006) i requisiti sono: 60 anni di età per le donne, 65 per gli uomini e un minimo di 5 anni di contribuzione


08/06/10

La Finanza Pubblica: DPEF, Legge finanziaria, il rapporto debito/PIL e deficit/PIL

Il processo di bilancio dello stato in Italia è regolato dalla nostra costituzione, più precisamente dall'art. 81 che recita:
Le camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente quattro mesi. Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese (formalità della legge di bilancio).

Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte (obbligo di copertura).

DOCUMENTI IN ITALIA RIGUARDANTE LA FINANZA PUBBLICA

IL DPEF

Il DPEF (Documento di Programmazione Economica e Finanziaria) è un documento solamente di carattere economico e senza valenza giuridica che definisce la manovra di finanza pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale (4 anni). Grazie ad esso si definiscono gli obiettivi di politica economica (macroeconomici e di finanza pubblica) e le regole che dovrebbero permettere di conseguire gli obiettivi fissati.
Gli obiettivi divengono vincolanti solamente quando vengono approvati all'interno della Legge Finanziaria.

LA LEGGE FINANZIARIA

La legge finanziaria, in coerenza con gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 3, dispone annualmente il quadro di riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio pluriennale e provvede, per il medesimo periodo, alla regolazione annuale delle grandezze previste dalla legislazione vigente al fine di adeguarne gli effetti finanziari agli obiettivi


Gli obiettivi, a differenza del DPEF, hanno valore vincolante.
Alcune dei compiti della legge finanziaria sono quelli di regolare le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni, le altre misure che incidono sulla determinazione del quantum della prestazione, afferenti imposte indirette, tasse, canoni, tariffe e
contributi in vigore, con effetto, di norma, dal 1 gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonche' le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione.

I DISEGNI DI LEGGE LEGATI ALLA LEGGE FINANZIARIA

Possono essere molteplici, e regolano interventi nel settore previdenziale, sanitario, della finanza locale, nel pubblico impiego e relativi a riforme del sistema fiscale.

CONTO DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Il conto della P.A. è composto dalle seguenti voci:

  • 1) Entrate totali
  • - Entrate tributarie
  • - Entrate extratributarie
  • 2) Spese totali
  • - Spese correnti di cui:
  • 2a) lavoro dipendente
  • 2b) prestazioni sociali
  • 2c) Interessi
  • - Spese in c/capitale
Da queste si possono calcolare:
  • 3) Disavanzo(Deficit) o Avanzo = 2) - 1): se 2) - 1) > o si ha un disavanzo. Nel caso contrario un avanzo.
  • 4) Disavanzo (Deficit) o Avanzo Primario (disavanzo – interessi) = 3) - 2c): se 3) - 2c) > 0 si ha un disavanzo primario. Nel caso contrario un avanzo primario.
  • 5) Debito

IL RAPPORTO DEBITO/PIL E DEFICIT/PIL

Le grandezze di finanza pubblica rilevanti nell’ambito del Patto di Stabilità e Crescita sottoscritto dai paesi dell’area euro sono due, diventate molto importanti e rilevanti anche all'opinione pubblica in questi ultimi due anni:
  • Il rapporto Debito/PIL (deve essere tendenzialmente inferiore al 60%)
  • Il rapporto Deficit/PIL (deve essere inferiore al 3%)


DA COSA DIPENDE IL RAPPORTO DEBITO/PIL?

Per prima cosa, bisogna determinare il valore del fabbisogno (Ft) dell'operatore pubblico.

Dati:
Gt = spesa pubblica
Tt = entrate pubbliche
rBt-1 = interessi pagati sul debito pubblico accumulato ( r è il tasso di interesse reale e Bt-1 è lo stock del debito pubblico in t-1)

Ft = Gt - Tt + rBt-1
La copertura del fabbisogno pubblico è data da:

Ft = Bt - Bt-1
Ft può quindi essere coperto dall'emissione di nuovo debito (B è lo stock di debito pubblico).

Eguagliando le due equazioni si ottiene l'identità di bilancio dell'operatore pubblico:

Bt - Bt-1= Gt - Tt + rBt-1
Indichiamo ora con Y il PIL. Dividiamo per Yt i termini in t, e per Yt-1 per i termini in t-1:

Bt/Yt - (Bt-1/Yt-1) Yt-1/Yt= (Gt/Yt) - (Tt/Yt) + (rBt-1/Yt-1)Yt-1/Yt
Indicati poi:
  • Con la lettera minuscola i rapporti delle variabili sul PIL.
  • Con n il tasso di crescita reale del PIL . Quindi: Yt = Yt-1(1+n).
Si avrà che l'identità di bilancio dell'operatore pubblico è uguale a:

bt - bt-1 (1/1+n)= gt - τt + rbt-1(1/1+n)
portando a destra bt-1 (1/1+n) si ottiene:
bt = gt - τt + (1+r/1+n)bt-1

Sottraendo poi entrambi i membri per bt-1 e raccogliendolo al membro di destra si ottiene la formula:
bt - bt-1= gt - τt + (r-n/1+n)bt-1
Le due equazioni appena enunciate rappresentano il vincolo di bilancio dinamico dell'operatore pubblico. In particolare, la prima rappresenta la dinamica del rapporto Debito pubblico/PIL, mentre la seconda rappresenta la dinamica della variazione del rapporto Debito pubblico/PIL.

Da questi dati si evince che:
In base alla prima equazione il rapporto Debito/PIL dipende:
  • Dal fabbisogno primario dt (se gtt>0 si parla di disavanzo primario, se 0>gtt si parla di avanzo primario)
  • Dal tasso di interesse reale, r
  • Dal tasso di crescita reale del PIL, n
Per quanto riguarda invece la seconda, il rapporto Debito/PIL aumenta in presenza di un disavanzo primario (cioè se le spese al netto del pagamento per interessi superano le entrate) e quando il tasso di interesse reale r è maggiore del tasso di crescita reale del PIL n.
Come ultima considerazione che si può trarre, si può dire che ridurre il rapporto debito/PIL (b) è assai difficile in una fase di scarsa crescita (n basso), ma è possibile ridurlo anche in presenza di disavanzo primario se l’economia cresce (n alto) e se i tassi di interesse sono bassi (r basso).

La situazione attuale italiana vede un n negativo e un r basso.

Il sistema pensionistico: equilibrio, rischi e riforme

EQUILIBRIO DI UN SISTEMA PENSIONISTICO

Nel sistema pensionistico vi sono 3 concetti fondamentali di equilibrio:

1) Da applicare solamente nel sistema a ripartizione, l'Equilibrio Finanziario, che si ha quando le entrate contributive eguagliano in ogni anno le pensioni erogate.

Dati:

W = salario medio pro capite
NL = n° di lavoratori
P = pensione media pro capite
NP = n° di pensionati
MW = W x NL sarà quindi il monte salari
MP = P x NP sarà quindi il monte pensione

L'equilibrio finanziario sarà dato dall'equazione:

α x W x NL = P x NP

Con:
α x W x NL = contributi versati
α = l’aliquota contributiva di equilibrio pari al rapporto tra monte pensioni (MP) e monte salari (MW).


2) L'Equilibrio Macroeconomico, che si ha quando il rapporto tra MP e PIL è sotto controllo e non eccessivo.

3) Infine c'è l'Equilibrio Equitativo, che si ha quando vengono perseguite le finalità distributive rilevanti per il sistema.


I RISCHI DEL SISTEMA A RIPARTIZIONE

Essi possono essere a carico dei lavoratori o dei pensionati, e consistono in:
  • Rischio demografico (riduzione di NL, aumento di NP)
  • Rischio occupazionale (riduzione di NL)
  • Rischio di inflazione
  • Rischio salariale
I rischi demografico e occupazionale sono a carico dei lavoratori quando il rapporto fra pensione pro capite e salario pro capite (P/W ) è fissato e α (aliquota contributiva di equilibrio) è variabile:

α = MP/MW --> PNP/WNL

Se NP aumenta oppure NL diminuisce, si avranno maggiori oneri contributivi per i lavoratori.

Nel caso in cui sia α fissata e il rapporto P/W sia variabile:
P/W = α ( NL/NP)
Se NP aumenta oppure NL diminuisce, P/W diminuisce, ovvero la pensione media pro capite diminuisce rispetto al salario medio pro capite.

Per quanto riguarda invece i rischi di inflazione e salariale, essi sono a carico dei lavoratori se le pensioni sono indicizzate all’inflazione e alla crescita reale dei salari, mentre sono a carico dei pensionati se invece non lo sono.

I RISCHI NEL SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE

Qui i rischi sono tutti a carico dei pensionati e consistono in:

  • Rischio di inadeguatezza dei rendimenti (bassa remunerazione del capitale investito)
  • Rischio inflazionistico (no indicizzazione)
  • Rischio salariale (no indicizzazione)
LE RIFORME

In questi anni (soprattutto nell'ultimo) si discute molto sulle riforme da effettuare nell'ambito pensionistico, principalmente per due motivi: riduzione delle nascite e aumento dell'aspettativa di vita.

Per far fronte a questo, i diversi paesi adottato soluzioni diverse. Alcuni infatti mantengono la natura di sistema a ripartizione, ovvero parametrico (modificando i parametri) ed attuarialmente equo (legando in modo esplicito i contributi versati all’ammontare di pensione ricevuta.




07/06/10

Il sistema pensionistico: introduzione, funzioni, sistemi: sistema a capitalizzazione e sistema a ripartizione

Il sistema pensionistico è un meccanismo di ridistribuzione delle risorse prodotte dalla popolazione attiva attraverso varie forme al fine di aiutare la parte di popolazione inattiva o in difficoltà. Le varie forme consistono in:
  • Pensioni di vecchiaia o di anzianità, che vanno a favore di chi ha cessato l’attività lavorativa per ragioni di età anagrafica (vecchiaia) o contributiva (anzianità)
  • Pensioni di invalidità, che sono a favore di chi non può più partecipare al processo produttivo per sopravvenuta incapacità lavorativa
  • Pensionii ai superstiti, che vanno a favore di chi, anche se non ha mai fatto parte della FL, è legato da vincoli familiari a persone decedute che hanno fatto parte della FL
  • Pensioni assistenziali: a favore di chi è sprovvisto di reddito e non può lavorare
Esso viene istituito a causa della necessità di fornire risorse agli anziani in seguito ai cambiamenti della struttura familiare. Nel caso di un sistema pensionistico obbligatorio, la motivazione è semplice: in età giovane nessuno risparmierebbe se non è obbligato (l’individuo non prende decisioni ottimali in una fase di incertezza).
Nel caso di un sistema pensionistico pubblico, si hanno ragioni di equità (previdenza come bene meritorio) e di efficienza (instabilità mercati finanziari, inadeguate informazioni su solvibilità degli intermediari, fallimento mercati assicurativi, esternalità negative..)


FUNZIONI DEL SISTEMA PREVIDENZIALE

Il sistema previdenziale svolge più di una funzione: in primo luogo Assistenziale, ovvero ha il compito di assicurare a tutti i cittadini un reddito minimo (nota bene: non è legata ai contributi versati); svolge poi una funzione Previdenziale, ovvero garantire a tutti i cittadini il mantenimento del tenore di vita raggiunto nella fase finale della vita lavorativa anche quando si è in pensione (legata alle ultime retribuzioni); infine, svolge una funzione assicurativa, che consiste nel restituire all’individuo che va in pensione quanto ha accantonato in età lavorativa aumentato dei rendimenti (legata ai contributi versati) .

Oltre alle funzioni dette, il sistema pensionistico deve garantire anche equità, sotto forma di:
  • Equità assistenziale: se tutti i cittadini raggiungono un livello di reddito minimo
  • Equità previdenziale: se, a parità di durata della vita lavorativa (L), è garantito lo stesso tasso di sostituzione
    (Il tasso di sostituzione è il rapporto tra la pensione percepita e l’ultima -o una media delle ultime- retribuzioni)
  • Equità attuariale: se per ogni individuo vale lo stesso “tasso di rendimento interno” i, dove i è tale che:
    VA contributi (1+i) = VA prestazioni per ogni t

    (Il tasso di rendimento interno è quel tasso che eguaglia il valore attuale dei contributi versati al valore attuale delle prestazioni)

I MODELLI DI SISTEMA PENSIONISTICO

I due grandi modelli di sistema pensionistico sono il "Sistema a Ripartizione" e il "Sistema a Capitalizzazione".

DEFINIZIONI

Dalla definizioni si capisce già chiaramente la distinzione fra i due sistemi:
  • Sistema a ripartizione: il gettito dei contributi versati dalla popolazione attiva in un generico anno t finanziano le prestazioni previdenziali erogate in t.
  • Sistema a Capitalizzazione: ogni lavoratore riceve una pensione pari ai contributi da lui versati aumentati del rendimento ottenuto impiegandoli sul MKT dei capitali

RENDIMENTO IMPLICITO

Sapendo che la vita di un individuo si suddivide in due parti (la prima t lavora, la seconda t+1 è in pensione) si ha che:

Dati

Wt = monte salari al tempo t
Pt = monte pensioni al tempo t
α = aliquota contributiva
Ct = contributi versati in t = α Wt
n = tasso di crescita dell’occupazione
m = tasso di crescita della produttività (dei salari)
i = tasso di interesse corrente

Segue che:
Wt+1(monte salari al tempo t+1) = Wt (1+m)(1+n)
Detto questo, si possono calcolare i rendimenti.

Per quanto riguarda il sistema a ripartizione, si ha che per definizione
in ogni periodo una percentuale α del monte salari finanzia le pensioni dello stesso periodo:

Dati

in t : Ct = Pt = α Wt
in t+1: Ct+1 = Pt+1 = α Wt+1 = α Wt (1+m)(1+n)
Il rendimento implicito del lavoratore in t e pensionato in t+1 è:
RENDIMENTO = (Pt+1 - Ct)/Ct

Sostituendo si arriva alla formula:
RENDIMENTO = [(α Wt (1+m)(1+n))/(α Wt)] - 1 ---> m + n + mn

Esso è uguale a circa
m + n

Il rendimento implicito è quindi uguale al tasso di crescita della produttività o dei salari (m) e del tasso di crescita dell’occupazione (n).

Per quanto riguarda invece il sistema a capitalizzazione, si rammenda che le pensioni sono pari ai contributi versati nel periodo t aumentati del rendimento ottenuto sul mercato dei capitali (i):

Dati

in t : Ct = Pt = α Wt
in t+1: Ct+1 = Pt+1 = α Wt+1 = α Wt (1 + i)
Il rendimento implicito del lavoratore in t e pensionato in t+1 è:
RENDIMENTO = (Pt+1 - Ct)/Ct

Sostituendo si arriva alla formula:
RENDIMENTO = [(α Wt 1 + i))/(α Wt)] - 1 ---> i
Il rendimento implicito è quindi uguale al tasso di interesse corrente.

Quale dei due sistemi è più conveniente? Dipende dalla relazione fra m + n e i. In base a chi di questi due valore è maggiore, si avrà il sistema più conveniente.


IL RISPARMIO

Un sistema a ripartizione, che non richiede un accumulo di risorse, comporta un livello di risparmio inferiore rispetto al sistema a capitalizzazione che invece si basa sull’accumulo delle risorse.
Con il sistema a ripartizione i risparmi della popolazione attiva si trasformano in consumi dei pensionati.
E' curioso ciò che accade alla prima generazione che va in pensione quando viene introdotto un sistema piuttosto che un altro: nel sistema a ripartizione essi andranno in pensione gratuitamente (pasto gratis), senza cioè aver versato nulla. Questo non avviene per il sistema a capitalizzazione.

DETERMINAZIONE DELLE PRESTAZIONI

Per determinare le prestazioni bisogna partire da una base di dati:
RP = retribuzione pensionabile (è quella che serve per il calcolo della pensione. E’ una funzione dell’ultima retribuzione o di una media delle ultime retribuzioni)
RL = ultima retribuzione
e(j) = speranza di vita nel generico anno j
P = ammontare della pensione

SISTEMA A RIPARTIZIONE

Per esso abbiamo due tipi di metodi di calcolo delle prestazioni pensionistiche (P): il metodo contributivo e il metodo retributivo

1)Metodo contributivo

Nel metodo contributivo, La pensione si ottiene eguagliando a livello individuale il montante contributivo al valore attuale del flusso di pensioni al momento del pensionamento:
MC1=VA(P)

Il MC1 si calcola capitalizzando ad un tasso fissato convenzionalmente (r) i contributi versati dai lavoratori durante tutta la vita lavorativa.
Il valore attuale (VA(P)) dipende sia dalla speranza di vita attesa al momento del pensionamento (e(L)) sia dal tasso di sconto applicato.

Il Montante Contributo si calcola:

MC = Σ§R1(1+m)(j-1)(1+r)(L-j)
§ = l’aliquota contributiva

Il valore attuale invece si calcola:
VA (P) = Σ P/(1+rz)i
con
P = pensione annua
rz = tasso di sconto utilizzato per calcolare

Se rz è nullo, allora VA (P) è uguale a e(L) P, con e(L) = speranza di vita al momento del pensionamento.

2) Metodo retributivo

Nel metodo retributivo P = βRPL
con β = coefficiente di rendimento.
L'ammontare della retribuzione personale dipende a seconda di due casi:
  1. Può ammontare all'ultima retribuzione percepita (Rp = RL). Essendo che il tasso di sostituzione è dato dal rapporto tra pensione e ultima retribuzione, in questo caso è molto semplice da calcolare: s = P/RL = βL
  2. Può ammontare ad una media delle ultime retribuzioni percepite (RM), indicizzate (rivalutate) ad un tasso: P = βRML. Il tasso di sostituzione qui è : s = P/RL = βRML/RL. RM = [ΣR1(1+m)(j-1)(1+r)(L-j)]/L con R1 è la retribuzione iniziale, m è il tasso di crescita delle retribuzioni, r è il tasso di rivalutazione delle retribuzioni.

SISTEMA A CAPITALIZZAZIONE

Analogamente al metodo metodo contributivo visto sopra la pensione si ottiene eguagliando a livello individuale il montante contributivo al valore attuale del flusso di pensioni al momento del pensionamento:
MC2=VA(P)
MC2 si calcola capitalizzando al tasso di rendimento effettivo ottenuto sul mercato dei capitali (rW) i contributi versati dai lavoratori durante tutta la vita lavorativa.
Se il tasso di sconto s = 0, la pensione è data dal montante contributivo diviso per la durata di vita attesa al momento del pensionamento, inoltre anche qui è verificata la funzione assicurativa ma non quella previdenziale.


05/06/10

La tassazione internazionale degli scambi e delle attività finanziarie

TASSAZIONE INTERNAZIONALE DEGLI SCAMBI

La tassazione delle merci oggetto di scambio internazionale può avvenire sulla base di due principi:
  1. Il principio di Destinazione
  2. Il principio di Origine


IL PRINCIPIO DI DESTINAZIONE

Un'impresa esportatrice da un paese A ad un paese B è soggetta alla tassazione del paesi in cui esporta (B), di conseguenza le esportazioni non sono imponibili, mentre lo sono le importazioni (PA (1+tB).

Le conseguenze del principio di destinazione sono che:

  • Non c’è distorsione dei flussi commerciali (prezzi relativi fissi): se pA > pB anche PA (1+tA)> PA (1+tB)
  • Tutto il gettito dell’imposta va nel paese di consumo
IL PRINCIPIO DI ORIGINE

Un'impresa esportatrice da un paese A ad un paese B è soggetta alla tassazione del paesi da cui esporta (A); le esportazioni sono imponibili nel paese di esportazione, mentre non lo sono le importazioni.

Le conseguenze del principio di origine sono:

  • C’è distorsione dei flussi commerciali (prezzi relativi non fissi): se pA > pB non è detto che PA (1+tA) sia maggiore di PA (1+tB): dipende dalle aliquote applicate nei due paesi
  • Tutto il gettito dell’imposta va nel paese di produzione

TASSAZIONE INTERNAZIONALE DELLE ATTIVITA' FINANZIARIE

Come per la tassazione internazionale delle merci, anche per le attività finanziarie vi sono due principi:
  • PRINCIPIO DI RESIDENZA: tutti i redditi, afferiscono immediatamente e integralmente al loro titolare e vengono tassati nel suo paese di residenza indipendentemente dalla loro natura e dal luogo in cui vengono percepiti
  • PRINCIPIO DELLA FONTE: tutti i redditi vengono tassati nel paese di produzione indipendentemente dalla residenza del titolare
ANALISI 1) NEUTRALITA' ED EFFICIENZA DELLA TASSAZIONE

Essi possono essere valutati in base a due criteri: la CEN (CAPITAL EXPORT NEUTRALITY), che si verifica quando i rendimenti netti degli investimenti non dipendono dalla localizzazione degli investimenti stessi (essa verifica quindi l’efficiente allocazione delle risorse), e la CIN (CAPITAL IMPORT NEUTRALITY), che si verifica quando all’interno di ogni paese gli investitori ottengono lo stesso rendimento netto da un investimento, indipendentemente dalla loro nazionalità.


Si ipotizzi di avere due paesi, C (casa) ed E (estero), i rendimenti degli investimenti effettuati in H e F al lordo delle imposte sono rispettivamente rC e rE, mentre le aliquote delle imposte applicate sui rendimenti delle attività finanziarie sono rispettivamente tC e tE.
Lo scopo è di dimostrare che la CEN è soddisfatta dall’applicazione del principio di Residenza ma non del principio della Fonte, mentre la CIN è l'opposto.


Sapendo che (ad esempio) rC > rE, l'investitore senza un'imposta andrà sicuramente ad investire nel paese C. Applicando un'imposta basata sul principio di residenza si scopre che:

Rendimento netto dell’investimento in C: rC(1-tC)
Rendimento netto dell’investimento in E: rE(1-tC)


dalla disequazione di prima si ha che
rC(1-tC) > rE(1-tC)

L'investitore continuerà quindi ad investire in C. Il principio di residenza verifica la CEN, e con esso i fattori fiscali non influenzano la localizzazione degli investimenti.

Se invece viene applicato il principio di fonte:

Rendimento netto dell’investimento in C: rC(1-tC)
Rendimento netto dell’investimento in E: rE(1-tE)

Per capire quale sia l'investimento più remunerativo, bisognerebbe confrontare le due aliquote e vedere quale sia la più vantaggiosa e di quanto lo sia rispetto al reddito.
Il principio di fonte non verifica la CEN, poichè i fattori fiscali influenzano la localizzazione degli investimenti.

Se vengono confrontati i due principi per quanto riguarda la CIN, si scopre, con lo stesso procedimento (ma a parti invertite ovviamente), che il principio di residenza non verifica la CIN, poichè il rendimento netto dell’investimento dipende dalla nazionalità dell’investitore, mentre è verificata dal principio di fonte, poichè il rendimento netto dell’investimento non dipende dalla nazionalità dell’investitore.

ANALISI 2) RIPARTIZIONE DEL GETTITO

Come si può vedere dagli esempi e dalle definizioni, il principio di Residenza premia dal punto di vista del gettito i paesi esportatori di capitale. Quello di Fonte invece i paesi importatori di capitale. A fronte di questo, sono stati predisposti dei regimi di tassazione, come il meccanismo del credito d'imposta, che hanno il compito di redistribuire la tassazione tra i paesi.

ANALISI 3) EQUITA' DELLA TASSAZIONE

Come già visto, solo il sistema di residenza è equo, poichè è possibile istituire sistemi di imposte personali e di realizzare la progressività dell’imposta.

ANALISI 4) APPLICABILITA'

Il principio della fonte è il più facile da applicare fra i due, a causa delle pratiche elusive che il principio della residenza incontra (ad esempio: tax deferral), inoltre è più soggetto a problemi derivanti dallo scambio di informazioni con i paesi con regime fiscale privilegiato (paradisi fiscali).


Qual è il migliore fra i due? Molto probabilmente il principio della residenza, poichè più equo e garantisce l'efficiente allocazione delle risorse (poichè soddisfa la CEN); da ricordare però sono i problemi di ripartizione del gettito e soprattutto di applicabilità.

04/06/10

Le imposte indirette: le imposte generali sugli scambi, calcolo dell'IVA

Le imposte indirette sono una componente importantissima per le casse dello Stato. Più di 1/3 del prelievo tributario deriva infatti da esse. Si distinguono in:
  1. Imposte sugli affari: IVA, registro, bollo e sostitutiva, assicurazioni
  2. Imposte sulla produzione: Oli minerali, gas metano, energia elettrica, spiriti e birra
  3. Monopoli e lotto: tabacchi e lotterie

LE IMPOSTE GENERALE SUGLI SCAMBI

Per imposte generali sugli scambi si intendono le imposte sulle vendite di beni e di servizi.
Esse possono essere applicate in vari modi:
  • Imposta monofase
  • Imposta plurifase cumulativa
  • Imposta plurifase sul valore aggiunto: qui possono essere applicate in base a due tipologie: "base da base" o "imposta da imposta"
METODO DA BASE A BASE

Con questo metodo, l'imposta (Tbb)versata dall'impresa (i) in ogni fase del processo produttivo/distributivo si calcola:

Dati:
Vi è il valore delle vendite dell’impresa i
Ai è il valore degli acquisti dell’impresa i
ti è l’aliquota d’imposta relativa alle vendite dell’impresa i
Tbb = ti (Vi-Ai)

METODO DA IMPOSTA A IMPOSTA

Questo è il metodo su cui si fonda l'IVA italiana. L'imposta (TII) versata dall'impresa (i) in ogni fase del processo produttivo/distributivo si calcola:

Dati:
Vi è il valore delle vendite dell’impresa i
Ai è il valore degli acquisti dell’impresa i
ti è l’aliquota d’imposta relativa alle vendite dell’impresa i
tj è l’aliquota d’imposta relativa alle vendite dell’impresa j (j ha venduto i prodotti ad i)

TII = tiVi - tjAi

tiVi = iva a debito
tjAi= iva a credito

A fronte di questo, per calcolare il reale prezzo di un bene o di un servizio, al prezzo netto bisogna aggiungere l'importo dell'imposta complessivamente versata fino a quella fase del processo produttivo (distributivo se si tratta di un servizio).


Con il metodo base da base l’onere dell’imposta dipende da com’è ripartito il VA nelle diverse fasi del processo produttivo e dalle corrispondenti aliquote, mentre con il metodo imposta da imposta l'onere dipende esclusivamente dall’ultima aliquota applicata.


Applica un metodo piuttosto che un altro comporta a delle differenze:

Prezzo:
  • Imposta da imposta: il prezzo lordo del bene o servizio è ottenuto applicando al prezzo netto (valore pieno del bene) l’aliquota d’imposta corrispondente.
  • Base da base: il prezzo lordo è funzione di tutte le aliquote applicate nel corso del processo produttivo/distributivo
Neutralità:
  • Imposta da imposta: è neutrale nei confronti delle scelte di integrazione verticale delle imprese
  • Base da base: non è neutrale nei confronti delle scelte di integrazione verticale delle imprese
IMPONIBILITA' DELLE OPERAZIONI

Vi sono tre tipi di operazioni:
  • Operazioni imponibili: operazioni soggette all'imposta per il loro valore intero (in Italia: il metodo di calcolo utilizzato è il quello imposta da imposta. Le aliquote sono: 20% per le normali, 10% e 4% per le ridotte)
  • Operazioni ad aliquota zero (non imponibili): l'aliquota dell'ultimo stadio è nulla e quelle precedenti sono state rimborsate (in Italia: operazioni extra UE)
  • Operazioni esenti: l'aliquota dell'ultimo stadio è nulla e quelle precedenti non sono state rimborsate (in Italia: servizi creditizi, assicurativi e finanziari, trasporti urbani, servizi sanitari e previdenziali, istruzione)
BASE IMPONIBILE

Vi sono 3 tipologie di base imponibile. Concentrandosi sul tipo di imposta "imposta da imposta" sul VA abbiamo che:

  • Reddito lordo: non è ammessa in detrazione l’IVA pagata sui beni di investimento;
  • Reddito netto: è ammessa in detrazione l’IVA pagata sui beni d’investimento per la quota di ammortamento dei beni capitali ammessa nell’esercizio di riferimento;
  • Consumo: l’IVA pagata sui beni di investimento è ammessa interamente in detrazione nell’esercizio in cui l’investimento viene effettuato


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