25/02/11

Localizzazione della funzione di Ricerca&Sviluppo

Fornisce supporto tecnico ed innovativo ai processi e ai prodotti dell’impresa, in particolare:

• Ricerca: studi ed analisi rivolti ad incrementare le conoscenze sai scientifiche che tecniche
• Sviluppo: proseguimento logico dell’attività di ricerca

La parola magica è Innovazione, infatti è questa l’obiettivo della funzione R&S, innovare.
Essa è l’utilizzo commerciale (coronata da successo) di una conoscenza tecnico-scientifica da parte di un’impresa (invenzione). Può essere:

• Di un prodotto
• Di un processo
• Radicale: prodotto o tecnica radicalmente nuova
• Incrementale: continui miglioramenti di un’innovazione radicale già introdotta con successo

Fattori R&S: lavoro (specializzato e conoscenze tecniche/formazione), capitale (disponibilità e capacità di investimento mirato), dimensione impresa (grande o rete di medie/piccole imprese), patrimonio d’impresa (conoscenze e capacità innovativa), patrimonio territoriale (conoscenze acquisite, capacità imprenditoriali e relazionali).
Essi sono diversamente distribuiti nei contesti territoriali.

Impresa Innovativa: investe in ricerca e sviluppo. Questa cosa richiede:

• Forza lavoro altamente qualificata
• Investimenti cospicui a redditività differita nel tempo e ad alto rischio

L’innovazione è trasferibile attraverso: licenze su brevetti e marchi, cessione e scambio di know-how, creazione di joint-venture.


LOCALIZZAZIONE R&S

Vicinanza a università e centri di ricerca specializzati, disponibilità di venture capital (capitale di rischio), efficiente sistema di infrastrutture e comunicazione, economie di urbanizzazione, diffusione e diversificazione di servizi per le imprese….

E’ necessaria la loro interazione nello spazio, ovvero l’attivazione di un processo sinergico; il miglioramento tecnologico è frutto di un’azione congiunta di diversi attori economici e non.
I Luoghi sono, ad esempio. Silicon Valley, Route 128, Cambridge.

Anche la R&S ha un comportamento localizzativo differenziato: l’89% degli investimenti nel 2008 sono avvenuti in USA, UE e Giappone. Le prime 15 imprese nel 2007 sono in questi paesi.

13/02/11

Localizzazione produzione ed internazionalizzazione


LOCALIZZAZIONE PRODUZIONE

E’ un fenomeno recente (negli ultimi 20 anni) in cui vi è una crescente frammentazione della produzione (esternalità dei segmenti significativi) e la catena di valore ha una estensione globale.
E’ stato agevolato dalla riduzione delle tasse doganali e dei costi di trasporto, oltre che dalla diffusione delle ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione): esse favoriscono la gestione della rete lunga di produzione grazie ad applicativi che diminuiscono i costi del coordinamento tra gli operatori della rete, attenuano la frizione dello spazio e rendono ovunque meno vincolante e necessaria la contiguità geografica tra le imprese.
Vi è quindi un ispessimento del mercato, più produttori specializzati, minor costi di uso del mercato, in particolare minor costi per le imprese che effettuano investimenti specifici.

Vi è una nuova divisione interna del lavoro: distensione spaziale delle attività produttive manifatturiere. Nascono le “Commody Chains”, ovvero reti internazionali che collegano le attività di produzione-lavoro e consumo-distribuzione.
L’azienda viene più coinvolta, infatti all’estero non ci va solo per vendere, ma anche per localizzare tutti (o una parte) dei reparti. Tutti vengono a contatto con l’ambiente internazionale.

INTERNAZIONALIZZAZIONE

L’internazionalizzazione è oramai una via obbligata per acquisire un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo.
Necessita di una strategia: scelta di posizionamento spaziale dell’impresa che le permette di ottimizzare la distribuzione del suo processo di creazione del valore su diversi mercati esteri per mantenere il vantaggio competitivo.
E’ nato anche il concetto di produzione internazionale integrata: i vari pezzi vengono prodotti in diversi paesi che poi, uniti ed assemblati, vanno a fabbricare il prodotto finale.
Assieme alla localizzazione, vi è quindi un altro aspetto, chiamato Delocalizzazione, che consiste nello spostamento della produzione da imprese poste sul territorio di un determinato paese ad altre localizzate all’estero.

10/02/11

Il Modello Fordista e il Postfordismo



FORDISMO

Il modello fordista si è sviluppato fino agli anni 70 dello scorso secolo. Lo scopo era quello di internalizzare per sfruttare le economie di scala che, come abbiamo visto, diminuiscono i costi. Le strutture erano gerarchizzate.

Si distinguere 3 relazioni:

1. Rispetto a Sistema delle Attività Produttive: produzione di massa standardizzata (massima quantità di prodotti uniformi ottenuti con la catena di montaggio); grande e dominante impresa centralizzata, con segmenti separati di processi produttivi, mansioni e pianificazioni di produzione di lungo periodo
2. Rispetto a Stato e Mercato: partecipazione diretta dello Stato (ENI, FS…); sostegno alle grandi imprese da parte dello Stato con assunzione dei costi delle economie esterne; politiche economiche a sostegno della domanda (incentivi); mercato prevalentemente nazionale
3. Rispetto al Territorio: concentrazione su aree dotate di infrastrutture materiali (di solito trasporti); indifferenza verso condizioni ambientali ed ecologiche; indifferenza verso la presenza di risorse immateriali (ad esempio: risorse umane qualificate)

Caratteristiche: grande dimensione degli impianti, grandi investimenti di capitali, integrazione verticale al ciclo produttivo, produzione beni di massa, Taylorismo (catena di montaggio), apposito sistema di regolazione capitalistico (welfare state), concentrazione funzioni produttive in spazi ristretti, economie di scala, economie di agglomerazione, predominio del settore industriale.

POST FORDISMO

Negli anni 70 tutto questo però entra in crisi, arrivando così al “Post Fordismo” detto anche “Capitalismo Post-Industriale”. Questo modello metteva al centrò il concetto di “flessibilità”, che andata in contrapposizione al concetto di “rigidità” che aveva contraddistinto il Fordismo.
Il Post Fordismo caratterizza i paesi industrializzate, influenzandone anche i rapporti con gli altri paesi. E’ caratterizzato dalla produzione di beni differenziati in modo flessibile nel mercato del lavoro, nell’organizzazione della produzione o di quella territoriale, innovazione tecnologica e cicli economici.

Trasformazione Produzione: varietà di forme organizzative flessibili, nuove possibilità di scomposizione dei cicli produttivi, grandi imprese multinazionali, nuova domanda di beni personalizzati e qualitativi.

Nuovo Ruolo del Territorio: luogo in cui sono sedimentari specifici connotati naturali, storici, sociali e culturali. Storper (1998) ha definito il territorio anche come luogo in cui si scambiano anche beni relazionali. E’ il luogo in cui esistono economie esterne all’impresa ma interne ad esso, uniche e difficili da replicare in altri posti.
Il territorio è protagonista della vita dell’impresa.
Essendo diversificato, vi è una evidente frammentazione geografica di filiere produttive e funzioni aziendali.
L’impresa deve saper sfruttare le opportunità localizzative e i vantaggi che il territorio mette a disposizione. Diviene più aperta e mobile rispetto al passato: l’attività è globale, i modelli spaziali sono differenti infatti nasce il concetto di impresa-rete (vi sono reti di imprese collegate fra di loro9 e le funzioni aziendali non sono più concentrate tutte assieme.

09/02/11

Economie esterne, di localizzazione, di urbanizzazione e diseconomie




ECONOMIE ESTERNE

Il territorio contribuisce a ridurre i costi di produzione senza dover aumentare la scala di produzione. E’ un generatore di esternalità per le imprese. .
Mashall (1890): le economie esterne sono effetti territoriali che l’impresa non produce ma che può utilizzare a suo vantaggio.

L’impresa ottiene economia senza mutare la scala di produzione grazie alla condizione spaziale specifica in cui sono inserite le attività economiche.
Si possono dividere in base a due aspetti:

• Economie esterne all’impresa ma interne al settore produttivo: sono economie determinate dalla localizzazione concentrata di imprese appartenenti allo stesso settore produttivo
• Economie esterne sia all’impresa che al settore produttivo: sono economie

ECONOMIE DI LOCALIZZAZIONE

Esse recano vantaggi tra le attività economiche dello stesso settore industriale, attraverso:
bacino di lavoro specializzato, sviluppo imprese specializzate in forniture, contatti face to face, scambio di informazioni e conoscenze, sviluppo interdipendente tra imprese, ambiente di concorrenza, vantaggi di produzione e manutenzione impianti, ricerca e sviluppo, riduzione dei costi di transizione, creazione di aree industriali, competenza e formazione di manodopera specializzata.

ECONOMIE DI URBANIZZAZIONE

Le imprese di settori diversi si localizzano nello stesso luogo. Questo comporta: riduzione costi di trasporto, diversificata disponibilità di beni e servizi, maggiore quantità e qualità degli input, maggiore connettività, maggiore scambio di conoscenze, diversità, creatività, multiculturalità, maggiori servizi.

DISECONOMIE

Il territorio però può presentare anche delle diseconomie, ovvero svantaggi per l’impresa:

• Diseconomie di Localizzazione: maggiore concorrenza del settore, che porta a costi maggiori della manodopera
• Diseconomie di Urbanizzazione: maggiore costo di terreno, lavoro, maggiore congestione, inquinamento, costi di trasporto….


07/02/11

Localizzazione dell'impresa: la produzione





Nella teoria classica essa dipendeva da una serie di fattori.

• In Epoca Industriale: vicinanza materie prime, manodopera e dei mercati per la commercializzazione.
• Con l’evolversi delle tecnologie e della comunicazione: vicinanza alle vie di comunicazione, mentre agli altri tre viene data meno importanza.

Vi sono però ancora 2 concetti base utili della teoria classica:

1. Fattori di Localizzazione: esistono alcuni elementi geografici distribuiti sul territorio in grado di attirare, favorire la nascita e lo sviluppo, generando vantaggi alle imprese
2. Concentrazione Spaziale delle Imprese: tendenza delle imprese di localizzarsi tutte vicino

Funzione di Produzione:

O = f (K, L, Q, T)

Dove:
• O = Output del sistema aziendale
• K = Fattore terra
• L = Fattore lavoro
• Q = Fattore capitale
• T = Fattore tecnologia e organizzazione

I fattori di produzione (possiedono diversi gradi di mobilità) non sono ubiquitari; sono diversamente distribuiti nei contesti territoriali.

LA PRODUZIONE

Per produrre si sostengono dei costi. Essi possono essere ridotti per aumentarne il profitto. Un modo per ridurre i costi di produzione è aumentando la scala di produzione: si ottengono economie di scala interne.
Le Economie di Scala Interne sono riduzioni del costo medio unitario (= costi fissi&variabili/quantità di output) generate da una maggiore dimensione della produzione.
Si ha una produzione con rendimenti crescenti: più fattori produttivi portano a più prodotti realizzati in proporzione (raddoppiando L e K si ottiene più del doppio della produzione di O).

Costi Fissi di Produzione

Essi non dipendono dalla produzione in quanto insiti nella struttura aziendale. All’aumentare delle quantità prodotte non vi è una corrispondente aumento di questi costi.

Fattori che Determinano le Economia di Scala Interne

Costi fissi, manodopera e/o macchinari più specializzati, lotti di produzione più lunghi, linee di produzione separate, maggiore efficienza nella gestione delle scorte, sconti sugli input produttivi (dovuti ad acquisti in quantità).

06/02/11

Le aree di mercato



Per comprenderle bisogna ricorrere al modello delle località centrali. I concetti fondamentali sono:

• Località centrali (centri che servono il territorio circostante)
• Valore di soglia di un bene o servizio (quantità minima delle vendite)
• Portata di un bene o servizio (raggio area di mercato del bene/servizio, legato alla distanza dal centro e relativi costi di trasporto)

I rapporti tra le località centrali di livello differente avvengono secondo una regola precisa detta “Sistema K”: k indica quanti centri di organi inferiore sono serviti da uno immediatamente superiore. Il numero dei centri varia a seconda della funzione:

• k = 3: principio dell’ottimizzazione del mercato: l è superiore de serve se stesso e le altre due inferiori
• k = 4: principio dell’ottimizzazione del traffico: l è superiore de serve se stesso e le altre tre inferiori
• k = 7: principio dell’ottimizzazione amministrativa: l è superiore de serve se stesso e le altre sei inferiori

Forma delle Aree di Mercato

L’obiettivo dell’impresa è ingrandire le aree di mercato, quindi l’ipotesi di ottimizzazione del mercato non è verosimile; inoltre va considerato che le aree (esagonali) assumono forme differenti a seconda delle caratteristiche del mercato.


Localizzazione delle attività terziarie: Christaller




La località centrale può essere definita come il luogo in cui si concentra l’offerta di beni e servizi in funzione di un determinato territorio che ne costituisce l’area di mercato.

Gli assiomi sono: superficie isotropica uniforme, distribuzione popolazione uniforme, stessa quantità di popolazione per ogni città, comportamento razionale degli agenti economici…..no profitti eccedenti.

Funzioni delle località centrali: possiedono un’organizzazione che risponde a funzioni multiple, che vengono definite basiche (popolazione locale e anche territori più grandi: grande distribuzione)
e non basiche (solo popolazione locale: distribuzione al dettaglio).

Domanda e Prezzo di un bene:

Funzione del prezzo: D = Do – δd

dove:
• D: quantità bene/servizio
• Do: quantità domandata in assenza di costi di trasporto
• δd: fattore di correlazione legato ai costi di trasporto

In un Bene Normale, la domanda diminuisce all’aumentare della distanza (essa incrementa il prezzo effettivo).

Prezzo effettivo = prezzo bene/servizio + costo di trasporto
Pe = P + rd

03/02/11

Teoria della localizzazione delle attività industriali di Weber



Con la rivoluzione industriale, ricchezze e valore aggiunto si ebbero nelle industrie e nelle città, non più solo con l’agricoltura. La localizzazione è importante per i costi di produzione industriale: l’obiettivo è quelli di minimizzare i costi di trasporto.

I costi dell’impresa che dipendono dalla localizzazione sono: materie prime, energia, trasporti e salari.

Nel 1909 Weber formula la sua teoria: il territorio è caratterizzato da: uniformità del saggio d’interesse, costi di lavoro compensi e costi del terreno, uniformità e proporzionalità alla distanza dei costi unitari di trasporto.
La distanza è calcolata considerando la fonte delle materie prime, il punto di lavorazione ed il mercato di sbocco.
Le risorse sono formate da: risorse minerarie, acqua perdenti peso, netti.
Il modello vuole rispondere al problema di individuare il luogo in cui localizzare l’industria minimizzando i costi dipendenti dal luogo.
I soggetti sono piccoli imprenditori che vogliono massimizzare il profitto.
Se i costi di trasporto fossero uguali, gli impianti si posizionerebbero ove i costi sono minimi.
Per ogni produzione i costi di trasporto sono funzione di distanza e peso.
Vi sono tre luoghi: luogo delle materie prime, dell’energia e del consumo.
L’industria andrà a localizzarsi nel punto di minimo trasportazionale (luogo ottimale di localizzazione) individuabile all’interno di un triangolo localizzatore.

Si posiziona:

• Nel baricentro geometrico del triangolo quando il costo di trasporto delle materie prime è uguale a quello dell’energia ed entrambi sono uguali al costo di trasporto del prodotto finito dalla fabbrica al mercato. La condizione è che sia le materie prime che l’energia non perdano peso durante il processo di trasformazione
• Più vicino ai luoghi delle materie prime, quando queste perdono peso durante il processo di trasformazione
• Più vicino al mercato di sbocco, quando i prodotti finiti acquistano peso o volume rispetto alle materie prime impiegato per la loro fabbricazione

Nella realtà il baricentro si determina con il “poligono dei pesi”: i lati sono proporzionali ai pesi di materie prime, fonti di energia e prodotti finiti. Calcolando gli angoli interni e supplementari si fissa il baricentro all’interno del poligono.
Se più imprese producono lo stesso bene la localizzazione avverrà nelle vicinanze del punto di minor costo totale di trasporto. Esistono più luoghi in cui esso si trova, e più luoghi in cui il costo totale di trasporto è uguale.
Essi vengono rappresentati attraverso:

• Isotime: curve di uguale costo di trasporto
• Isodapani: curve di uguale costo totale di trasporto


IRES: calcolo della base imponibile (ragioneria)



DETERMINAZIONE DELL’IRES

Come si calcola l’IRES? Si applica il 27,5% al reddito imponibile.

Dal RAI (Reddito Ante Imposte) (è in contabilità generale), si devono togliere/aggiungere:
• Variazioni permanenti destinate a non riassorbirsi nei periodi successivi
• Variazioni temporanee destinate a riassorbirsi nei periodo successivi. Qui vi è il problema della competenza di un anno ma con manifestazione monetaria in altri anni. Come si può riportarli contabilmente?

Calcolate le variazioni, si ottiene poi il Reddito Imponibile, che è rappresentato nella dichiarazione dei redditi.

Variazioni in Aumento: si hanno quando il reddito imponibile è maggiore del reddito ante imposte, ovvero quando:
• I Costi sono scritti in bilancio ma non sono detraibili ex TUIR
• I Ricavi sono imponibili ma non sono iscritti in bilancio

Variazioni in Diminuzione: si hanno quanto:
• Costi detraibili fiscalmente ma non iscritti in bilancio
• Ricavi iscritti ma non soggetti a tassazione

PRINCIPALI DISALLINEAMENTI TRA NORME CIVILISTICHE E NORME TRIBUTARIE

Plusvalenze: ricavo dalla vendita di beni iscritti tra le immobilizzazioni; componente positiva di reddito (ad es: plusvalenze da cessione di cespite)
Per il TUIR vengono tassate o integralmente nell’esercizio corrente o a scelta si può spalmare le imposte su più esercizi (max 5) a quote costanti.
Con le imposte differite però non c’è correlazione tra costi e ricavi (principio di competenza) e questo è un problema.
Le diversità di obiettivi e regole generano scarti di valore:

CE anno 1

SP

Imp.Liq. 6

Acc.to. F.do. imp.Diff 24

Plusvalenze 100

24 F.do. imp. Diff.


CE anno 2

Imp.Liq. 6

6 uso f.do imp. Diff.




Il fondo viene usato contabilmente man mano negli anni da 2 a 5.

Variazione RAI e RI = 70

Effetti Fiscali Differiti

2) Spese telefoniche: sono deducibili in misura massima pari all’80% delle spese sostenute a tale titolo. E’ una variazione permanente.
3) Accantonamento al fondo svalutazione crediti: deducibile in misura massima pari allo 0.5% dei crediti fino a che il fondo raggiunge il 5% dei crediti iscritti.
4) Quote di ammortamento (solo ammortamento ordinario): il coefficiente ordinario (normativa tributaria): differenze rispetto alle quote imputate a CE (ex 2425).
Esempio: reddito ante ammortamento: 100
Quote ammortamento civilistiche: 20 (sulla base di coeff. 20%)
RAI (civilistico) = 80
Se fiscalmente (in base alla tabella) vedo che solo il 10% è detraibile, si avrà:
Da 1 a 5 anni:

Dichiarazione redditi

RAI

80

Variazioni positive

10

Variazioni negative

0

RI

90


Da 6 a 10 anni:

Dichiarazione redditi

RAI

100

Variazioni positive

0

Variazioni negative

-10

RI

90



5) Compenso all’amministratore: sono deducibili solo nell’esercizio in cui vengono corrisposti
6) Spese di manutenzione: esse possono essere:
• Capitalizzate sui cespiti: aumentano la funzionalità dei beni o ne allungano la vita utile
• Non capitalizzate: mantenere la funzionalità del bene: c’è un limite di detraibilità = 5% del valore lordo (valore al lordo del fondo d’ammortamento) dei beni ammortizzabili iscritti in bilancio. L’eccedenza può essere portata in detrazione nei successivi 5 esercizi
7) Dividendi: non imponibili per una quota pari al 95% (ergo, sono imponibili per il 5%).

Variazioni temporanee
1. Plusvalenze
2. Ammortamenti : per rilevarli fiscalmente esistono delle tabelle ministeriali in cui si incrociano i settori economici e le tipologie di cespiti. Per ogni incrocio si definiscono delle aliquote usate civilmente
3. Compensi agli amm.tori: civilmente: accantonati x competenza; fiscalmente: sono detraibili solo negli esercizi in cui sono rilevati monetariamente
4. Manutenzioni: regola di deducibilità fiscale: sono deducibili i costi che non eccedono il 5% del valore lordo delle imm. Materiali all’1/1/ dell’anno: + 5% sul valore lordo dei cespiti acquistati moltiplicando per una proporzione legata al periodo di possesso; 5% sul valore lordo + Numero gg di possesso/365gg
5. Accantonamento a fondo svalutazione crediti: accostamento annuo massimo deducibile = 0.5% dei crediti iscritti; fino al 5% dei crediti (limite assoluto di detraibilità degli accantonamenti): se si eccede essa diventa detraibile se si verifica la perdita su crediti. Deduzione non più ammessa quando l’ammontare di svalutazione e accantonamento raggiunge il 3% del valore nominale dei crediti in bilancio al 31/12.


Calcole Imposte:

1) Trovare il RAI

A) Applicare le Varazioni
B) Riclassificare il CE (art. 2425)
C) Calcolare le imposte:

1) Utile ante imposte

Variazioni permanenti

2) Utile depurato delle variazioni permanenti

Variazioni temporanee

3) Totale depurato delle variazioni temporanee

4) Reddito imponibile (1+2+3)

Imposte Liquidate (4 x 27.5%)



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