13/09/09

Crisi Lehman: cosa ha inseganto a banche e banchieri

A un anno di distanza dal crack di Lehman Brothers (15/9/2008) è lecito e doveroso porsi questa domanda: il fallimento della casa di investimento ha "insegnato" qualcosa al sistema bancario e finanziario italiano e mondiale?
La risposta è probabilmente negativa per quanto riguarda gli eccessi legati alla remunerazioni del top management, problema ancora in gran parte insoluto se non in alcuni paesi, come l'Olanda, che ha indicato limiti ben precisi ai bonus pari a non oltre un anno di stipendio a partire dal 2010.
Altro punto tuttora critico per le banche rimane la difficoltà a erogare credito che spesso si basa solo su standard numerici prefissati anziché considerare anche le prospettive future dei richiedenti.
Il crollo della banca statunitense ha invece "insegnato" l'importanza della solidità patrimoniale, oggi sempre più al centro dell'attenzione dei governi e delle autorità di controllo.
Al prossimo G20 di Pittsburgh del 24/25 settembre saranno infatti proposte fra l'altro misure volte a favorire un ulteriore rafforzamento dei mezzi propri delle banche. Tuttavia non si tratterà di misure "indolori": il FMI ha calcolato che se il rapporto minimo mezzi propri/mezzi di terzi per le aziende di credito americane ed europee fosse fissato al 4%, dovrebbero essere effettuati aumenti di capitale per complessivi 875 miliardi di $, che salirebbero a 1.700 qualora il rapporto fosse fissato al 6%.
Questa stima riguarda prevalentemente gli istituti statunitensi che hanno sempre operato con un leverage elevato (e non a caso negli USA tuttora si verificano crack bancari, anche se di dimensioni relativamente piccole). In Europa si parla di una regolamentazione "Basilea 3" che prevederebbe un Equity Tier 1 al 7,9% entro il 2011 (più probabilmente a fine 2010).
Alcuni istituti di credito si stanno già dando da fare, ma le alternative non sono molte: aumenti di capitale (strada molto popolare in Spagna dove nei giorni scorsi BBVA e Banco Popular hanno emesso mix di azioni e prestiti obbligazionari convertibili per un ammontare complessivo di 2 miliardi), politiche molto restrittive sulla distribuzione di dividendi (sgradite però agli azionisti), oppure ricorso a strumenti quali i "Tremonti Bond" o altri di analoghe caratteristiche.
Il secondo istituto a fare ricorso ai "Tremonti Bond" in Italia sarà BPM (per un importo relativamente contenuto, 500 milioni), che però ricorrerà anche all'emissione di un prestito "convertendo" da complessivi 600 milioni finora sottoscritto per metà. Il punto critico dei "Tremonti Bond" è che, come noto, si tratta di strumenti costosi (tasso minimo 7,5%) e vincolanti per le banche: ad esempio BPM si è impegnata ad incrementare del 4% gli impieghi annui verso famiglie e imprese per tutta la durata del bond.
A questo punto la riapertura del mercato dei "corporate bond" ormai consolidata ha offerto un grosso aiuto (sebbene indiretto) anche agli istituti di credito.
Le banche hanno iniziato così a prendere in considerazione ai fini patrimoniali l'emissione di obbligazioni diverse dai "Tremonti Bond", e ad aprire le danze è stata Intesa Sanpaolo con un'emissione obbligazionaria subordinata Lower Tier II da 1,5 miliardi con scadenza decennale e tasso fisso del 5%. Intesa ha esplicitamente affermato che il bond "coglie l'opportunità offerta da condizioni di mercato favorevoli"; ed è a questo punto probabile che l'istituto non farà ricorso ai "Tremonti Bond" o ne emetterà in misura minore rispetto ai 4 miliardi annunciati nei mesi scorsi. Anche perché la banca ha da tempo in programma la cessione di asset quali Banca Fideuram e le attività di banca depositaria, e secondo indiscrezioni di stampa queste operazioni dovrebbero essere ormai vicine.
Oltre al mercato obbligazionario, purtroppo finora quasi totalmente riservato agli investitori istituzionali – solo nei prossimi mesi ENEL e forse Telecom Italia dovrebbero emettere bond per il mercato retail – una prima timida riapertura vi è stata per le IPO con il filing presentato da Yoox (società di retail via Internet per moda e design) a Consob e Borsa Italiana per l'ammissione al MTA, segmento STAR. Joint Global coordinator dell'operazione saranno Goldman Sachs e Mediobanca, ed è già noto che le azioni saranno in parte di nuova emissione e in parte poste in vendita dagli attuali soci. Una rondine non fa primavera, ma forse in questo caso potrà segnare l'uscita dal buio inverno iniziato col fallimento di Lehman Brothers.


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